Sabrina Santamaria

 

Sfogliare le pagine dei sogni è accorgersi di esser vivi
allora sognare è vivere cioè abbracciar l’infinito.

Immergermi fra le onde sinuose della letteratura mi porta all’apice sublime del mio sentire. Dare spazio agli autori attraverso i miei articoli mi conduce a scrutare orizzonti ove il banale occhio umano delinea solo confini. I libri aprono le porte alle particelle invisibili della fantasia e della creatività…

Sabrina Santamaria

Intervista a Ivan Pilato

Nome Cognome: Ivan Pilato
Segni particolari: Originalità e prosa poetica

(Intervista edita nel Bimestrale Le Muse Marzo-Aprile 2021-Direttrice Maria Teresa Liuzzo-Vicedirettore Davide Borruto)

La “prosa in versi” estemporanea di Ivan Pilato

(a cura di Sabrina Santamaria) 
Cenni biografici
Ivan Pilato è nato a Messina il 14 Marzo 1962. Sposato  con Antonella Catania, un appassionato medico ortopedico,  padre di tre Figli Deborah, Dario, Arianna e neo nonno della nipotina Zoe di due anni. Da subito si è impegnato in quella che è stata la sua più grande passione il mondo delle vendite. La sua verve è la  predisposizione nei rapporti umani che lo porta a impegnarsi nel sociale. Alternando agli studi in Pedagogia la sua Professione ha scalato la vetta del Marketing diventandone nel suo settore un Leader assoluto inconfutato,  non ad Honorem, ma con risultati e fatturati. Fondatore e titolare  del marchio Ghost con punti vendita  e una rete distributiva in tutta Italia e non solo. Fondatore e Dirigente Nazionale  addetto alle pubbliche relazioni e risorse umane per un Movimento Politico e Culturale e nello stesso riversa  adesso parte del suo impegno. Nutre molte  passioni   fra i quali poesia, pittura e canto, quest’ultima forma d’arte è una delle sue più recondite doti. Si potrebbe senza dubbio  definirlo un uomo dai poliedrici interessi.
Precursore di una “prosa in versi” allegorica e simbolista
“Marinaio romantico e sensibile nel mare dell'umana esistenza” così ama definirsi il nostro eclettico autore Ivan Pilato. Un uomo dai molteplici  risvolti: sociali, culturali e politici. Le sue idee non si cristallizzano in una stagnante filosofia, infatti la sua critica non si riverbera  solo negli aspetti contenutistici del pensiero, ma le sue riflessioni, spesso nude e crude, approdano a un materialismo marxista del capitalismo finanziario del XXI secolo. Simbolista, talvolta romantico e metaforico, i suoi testi letterari appartengono a un nuovo genere letterario: la “prosa in versi”. Le sue missive non sono scevre, anche, da un allegorismo “semplesso”,  intuitivo e ricercato. La disamina realista signoreggia  nelle sue espressioni, l’autore e attivista politico Ivan Pilato si annovera tra i realisti ed è ben lungi dal pessimismo che potrebbe farci incorrere in una sorta di vittimismo malcelato.  Egli  è il fautore di un “grado zero” paretiano che si esplica nel “Fai tal cosa” situato e contestualizzato in un momento storico di attuale crisi ove la pandemia  ha fatto riemergere il  “male di vivere”  montaliano quindi Ivan Pilato ci ricorda che la resilienza e la reattività giacciono dentro di noi e dobbiamo agire e, soprattutto, reagire.
Sabrina Santamaria
Intervista a Ivan Pilato
La sua vena letteraria lo rende uno scrittore di getto, da giovanissimo lo avrebbe  mai immaginato?
 La mia produzione è rapida ed estemporanea. Non sto a rimuginare sul foglio di carta. Attendo un cenno dalla quotidianità, da una nota musicale, da uno sguardo che si perde nei paesaggi, nei colori e profumi. La mia fonte principale di ispirazione resta sempre nella memoria del mio vissuto esistenziale. Da giovanissimo non ho avuto spazio per l’immaginazione, né il tempo di accorgermi di nulla. Sono stato travolto da alcune  vicende come un precoce matrimonio, ero  appena diciannovenne, che mi ha portato ad essere padre e marito inesperto. Non sono  fuggito, ma non sono nemmeno riuscito a salvare il matrimonio naufragato irreversibilmente.
 
La sua dedizione letteraria lo ha reso un attivista politico?
  La Politica per me significa amare il popolo che va governato e  confortato con lealtà e senza diseguaglianze sociali  di sorta alcuna. Mi piace la giustizia e la lealtà; sentimenti questi che trasudano ancora da pagine di poesia e racconti indimenticabili.
 
Il suo lessico potrebbe essere ricondotto allo stile espressivo di Bukowski. Si tratta  di uno dei suoi mentori preferiti?
 Mi lusingherebbe Bukowski. Non credo di essere romantico e dolcemente leggero. Mi ritrovo più in Pablo Neruda, nelle sue allegorie e similitudini e nella corrente artistico-culturale  degli Impressionisti. Non disdegno i “Poeti maledetti” come Baudelaire o Verlaine. Se fossi musica, sarei uno struggente Blues con pochi accordi, ma buoni. Se fossi  vino diverrei un corposo e fruttato "Primitivo di Manduria" lo stesso paese pugliese, natio    del Cavaliere della Repubblica Italiana Giovanni De Santis,  mio nonno e mentore.
  I suoi componimenti in versi quali missive racchiudono?
 La bontà non deve cedere a compromessi. La giustizia è indispensabile così come devono essere  i valori universali affinché ci sia il  rispetto  tra le genti. 
La famiglia? È difficile ammetterlo,  però non bisogna aspettarsi  nulla in quanto, spesso,  è volubile e purtroppo potrebbe mostrarsi  influenzabile, oserei esclamare “altari e ceneri”! 
La vita è effimera! Vivetela attimo dopo attimo.  Non siate vittime delle occasioni non colte. Ogni azioni potrebbe rivelarsi un inutile sacrificio.
L'amore?  Come le farfalle è breve e intenso, non è duraturo. 
(Intervista rilasciata dal Dottor Ivan Pilato a Sabrina Santamaria)
 

4 chiacchiere con Manuela Chiarottino

Nome Cognome: Manuela Chiarottino
Segni particolari: Eclettica, profonda e sognatrice

Buon pomeriggio amanti della letteratura di tutti i luoghi e di tutti tempi! 

L'amica Alex Astrid, fondatrice del blog VCUC, mi ha proposto di intervistare insieme a lei la scrittrice Manuela Chiarottino. Autrice di vari romanzi come "Fiori di loto", "Tesoro d'Irlanda" e "La stessa rabbia negli occhi"( libri che  noi abbiamo recensito). Poter avere l'opportunità di incontrare un autore, seppur telematicamente, è sempre emozionante, stimolante e intrigante per noi bookblogger e recensori in quanto il contatto diretto con gli autori è per noi un grande momento di crescita pertanto sia la sottoscritta  sia la nostra Alex Astrid sono liete di invitarvi alla diretta su facebook che si terrà il 16 aprile alle ore 21! Non mancate! 

Sabrina Santamaria

 

Intervista a Fabio Scopelliti: un giovane promettente

Cenni biografici

Fabio Scopelliti, nato a Messina, il 19/09/1996. Ha frequentato il liceo delle scienze umane E. Ainis.
È un appassionato di danza e teatro. In passato ha frequentato diversi corsi di recitazione, con diversi registi. Iniziai per gioco a liceo, a livello amatoriale, poi lo continuò a livello professionale per tre anni. Con il gruppo del liceo ha registrato diversi premi. Oltre il teatro ha studiato danza con la professionista, nonché coreografa di Taormina Arte, Sarah Lanza, la quale gli ha attribuito una borsa di studio presso una delle strutture dove quest’ultima insegna.
È un animatore e organizzatore di eventi. Anima gli eventi e d’estate i villaggi turistici in Calabria. Lavora in disco pub. 
Intervista all'attore teatrale e ballerino Fabio Scopelliti
S.S: Quali emozioni ti hanno spinto ad avvicinarti al palcoscenico, sia per ciò che concerne la danza sia per quanto riguarda il teatro?
 F.S: Sin da bambino ho sempre amato i riflettori e i microfoni. Mi piaceva molto il momento in cui la gente veniva a dirmi: “ma che bravo, da grande farai carriera”. Effettivamente il mio interesse verso il palcoscenico è iniziato in età precoce in quanto, sin dalle elementari, alle recite di fine anno, ricoprivo quasi sempre il ruolo di protagonista. E ogni anno che passava questo interesse cresceva. Ho iniziato a studiare danza, a livello amatoriale, a 14 anni perché in primis non avevo grandi possibilità economiche fra l'altro  nella società in cui vivo, fino a qualche anno fa, esisteva la concezione e il pregiudizio che un ragazzo amante della  danza, sarebbe rientrato nella categoria “gender”. Fu lo stesso anno che iniziai il liceo e iniziai il laboratorio teatrale. Lo feci per gioco perché, studiando danza, non avevo molto tempo a disposizione. Anche lì, sin dal primo momento, ho scoperto il mio interesse nell’interpretare i personaggi e farli miei. Dal 2011 ebbe inizio la mia carriera studentesca fino al quinto anno di liceo. In uno di questi spettacoli, la maestra e coreografa di Taormina Arte, Sarah Lanza, ha riconosciuto in me del talento al punto da assegnarmi una borsa di studio presso uno delle tante scuole dove lei insegna. La mia felicità, dopo diversi anni, è ancora oggi indescrivibile perché mi son sentito, per la prima volta, realizzato. L’idea di studiare con una professionista, in una vera sala di danza, era eccitante. Ho studiato solo un anno perché poi, per forze maggiori, ho dovuto iniziare a lavorare. Qualche anno dopo, decisi di iniziare collaborazioni con diversi registi teatrali messinesi, studiando tre anni recitazione a livello professionale.

 
 S.S: Da ragazzino avresti mai pensato di appassionarti all'arte?
F.S: Sinceramente no. Per me era fisiologico ballare, indipendentemente dalla location, dal momento o dal contesto. Ballavo, senza un inizio o una fine. Movimenti inventati da me stesso, mi sentivo come se fossi uno dei più grandi coreografi. L’ingenuità del ragazzino. Quando sei ragazzo, l’unico obiettivo che hai, nella stragrande maggioranza, è arrivare in tv. Ricordo che seguivo assiduamente “Saranno famosi”, conoscevo a memoria tutti i nomi dei ballerini all’interno della scuola. E quando finiva il programma, obbligavo la gente a guardarmi ballare, come se fossi in tv. Ero semplicemente un ragazzino sognatore. Ho seguito tutti gli anni il succitato talento,  l’attuale “Amici di Maria De Filippi”. Con gli anni però, maturando la consapevolezza che non si vive solo per la tv, ho capito che probabilmente il mio destino non era quello di “sfondare” in tv e che avrei dovuto dare spazio e tempo alle opportunità che mi stavano circondando.
S.S: La danza e il teatro rientrano nell'intelligenza cinesico-corporea individuata dallo psicologo Howard Gardner. I giovani sperimentando questo tipo di intelligenza in quale sfera della loro vita sociale maturano?
F.S: Ho sempre sostenuto che la danza fosse lo strumento che va oltre l’aspetto verbale. Molte persone spiegano col linguaggio del corpo, quindi danzando, ciò che non riescono a spiegare con le parole. Ergo, è chiaro che maturano anche la loro posizione nello status sociale, perché riescono a risolvere tanti problemi, in quanto soggetti sottoposti a degli studi ben specifici a scopo di capire se stessi. Poi, è chiaro che parlo da allievi, sono sicuro che un insegnante spiegherebbe idilliacamente il concetto.

 
S.S: Quando reciti in quale momento della scena ti senti te stesso?  E in quale momento  l'identità del personaggio si vivifica nella perfomance dell'attore?
 
F.S: Bella questa domanda. Uhm, ti senti te stesso quando riesci ad interpretare il personaggio al 100%. E questo è molto difficile, sembra facile ma non lo è, dietro l’assegnazione di un personaggio ci sono delle dinamiche non indifferenti, per cui se il regista te lo ha assegnato, significa che ha qualcosa in comune con te. È importante capire bene il personaggio che stai studiando, perché bisogna creare feeling e soprattutto cercare di indossare le sue scarpe per assorbire le sensazioni.
 
S.S: L'esperienza dell'animazione quanto è stata importante per te?

F.S: L’animazione nel mio percorso è stata fondamentale. Mi ha fatto crescere, non solo sotto il profilo lavorativo e professionale, soprattutto come persona. Anche lì, come il teatro e la danza, ho iniziato per gioco. Non avevo minimamente intenzione di trascorrere gli anni ad organizzare compleanni, eventi o addirittura far ballare la baby dance. Eppure, dopo ormai 8 anni, ti dico che sono contento. La gente mi cerca, i bambini mi adorano e la cosa è reciproca. Mi ha salvato in tante circostanze, tirandomi fuori da molti momenti negativi. Pian piano mi son fatto conoscere nel messinese e ormai tutti conoscono il nome del mio alter ego/personaggio: PREZZEMOLOH.

Una cosa è certa, tutti possono fare animazione ma pochi sono realmente animatori.
 
S.S: Quali consigli daresti a un tuo coetaneo che vorrebbe organizzare un evento o lavorare in un villaggio turistico?
 
F.S: Il consiglio che darei è di armarsi di tanta forza di volontà.  Molti sostengono che partire in villaggio sia una vacanza, beh non è cosi. Gli animatori in villaggio donano letteralmente anima e corpo e spesso anche per una cifra misera, soprattutto se parti come animatore di prima esperienza. Si lavora in tutta la fascia diurna, serale e anche notturna, l’unica fascia oraria per organizzare gli spettacoli. Ha i suoi pro e i suoi contro, ma ti forma tanto: ti fortifica, ti fa brillare, avviene in te una metamorfosi strabiliante. Torni a casa diverso, perché ogni singola persona che incontri e ogni singola persona con cui lavori, ti dona un pezzo del suo essere. Un feedback di emozioni che emana colori. Motivo per cui chi decide di fare animazione decide di donare la sua anima e il suo cuore. In cambio di cosa? Di un applauso. Lo stesso che ti ripaga ogni volta che calchi quel palcoscenico o che ti muovi tra la gente, sotto il sole e sulla sabbia. Poco importa dove tu sia, sarai sempre in cerca di un applauso che a fine giornata ti fa sorridere. E non importa che tu sia bloccato con la schiena o che ti sia preso un’insolazione, la mattina seguente sarai lì, pronto ad accoglierli con un sorriso. 
E se proprio vogliamo sdrammatizzare, il consiglio che darei è di imparare prima di partire l’utilizzo della lavatrice, perché io ho rovinato la biancheria.
S.S: Decidere di recitare è stata paradossalmente l'occasione per liberarti dalla "maschera" pirandelliana(costituita da "ruoli" e "doveri") che la società ti avrebbe voluto imporre?
 
F.S:Diciamo che quando interpreti un personaggio ti senti, per certi versi, più libero. Nasce il coraggio di far qualcosa che, in veste di te stesso non faresti mai. Ti rassicura il fatto che la gente sappia che si tratta solo di una recita, quindi non ti può giudicare. Ergo, per quanto mi riguarda la risposta è no, recitare non è l’occasione per liberarmi dalla maschera, perché per natura ho sempre seguito il mio istinto e la mia testa. Non ho mai badato ai pregiudizi della gente, perché quelli non fanno altro che distogliere lo sguardo dalle cose importanti, negandoti la possibilità di essere te stesso. E poiché non ho scelto di nascere, non sceglierò di morire, per lo meno scelgo di vivere come mi pare e piace. 
Magari lo potrebbe essere per qualcun altro che di base possiede una personalità più fragile rispetto alla mia.
S.S: Se dovessi paragonare la tua storia di vita a un'opera teatrale con quale capolavoro lo faresti ?
 
F.S: La mia vita di base è un caos, alle volte non riesco neanche io a capire da dove nascono determinati equilibri. Ad ogni modo, se proprio dovessi paragonarla a qualche opera teatrale, ti direi Romeo e Giulietta. Se dobbiamo analizzare fino in fondo, ti direi a Mercuzio, personaggio che tra l’altro ho già studiato e interpretato. Il suo modo di fare, di approcciarsi alla vita, di morire addirittura per salvare un amico. Il suo essere gioviale, movimentato, sorridente, ribelle. Beh, quello sono proprio io. Abbiamo molto in comune io e Mercuzio, forse fin troppo.
S.S: Il tuo impegno artistico è stato un ottimo ponte comunicativo che ti ha avvicinato ai bambini e agli adolescenti?
F.S: Sicuramente è stato utile affinché io potessi interfacciarmi maggiormente sia ad un pubblico di bambini, di adolescenti che adulti. È fondamentale capire chi hai davanti per poter instaurare una buona conversazione, utilizzando anche un registro linguistico idoneo alla fascia di età.
S.S: L'animazione ti aiuta a essere un "saltimbanco" che entra nell'immaginario infantile?
F.S: Chi fa animazione deve avere delle capacità innate, perché per quanto tu possa acquisirle se di base non le possiedi è difficile che ne esca fuori un risultato autentico. L’animatore deve essere soprattutto bambino. Nel mio caso, ho riscattato questo tempo per recuperare il bambino che non sono stato quando lo sarei dovuto essere. È stato come tornare indietro con lo spirito, rimandando nel corpo da adulto,  e vivere quei momenti di gioia, come strisciare a terra, saltare sui gonfiabili, giocare con i palloncini.. Motivo per cui, cinque minuti prima che finisca la festa, ormai da tradizione, faccio entrare anche gli adulti all’interno dell’area gonfiabile e li faccio salire sui gonfiabili. Proprio per ricordare loro che non esiste un tempo o uno spazio per tornare bambini. Anzi, invito i genitori ad esserlo, perché i figli hanno bisogno di attenzioni e spesso, a causa dei problemi che ci presenta la società, ce ne dimentichiamo trascurando il gioco. Non esiste  atteggiamento più sbagliato. Un bambino non deve subire le perplessità o le preoccupazioni di un genitore. 
È diverso invece quando animo la festa di un adolescente, perché lì devo fare di tutto per farlo sentire grande, impostando la tipologia di lavoro diversa rispetto a quella di un bimbo, in quanto la società, anche a causa della troppa tecnologia, ti porta a crescere in fretta. Quel che dico sempre e raccomando è: ogni cosa col suo tempo.
Grazie di cuore! A presto Sabrina!
S.S: Complimenti! Ci auguriamo una brillante carriera. Sei talentuoso! Alla prossima!
(Intervista rilasciata da Fabio Scopelliti, attore teatrale e ballerino, a Sabrina Santamaria)

 
 

Sabrina Santamaria intervista Alessandra Branzanti

(Intervista edita nel Bimestrale Internazionale "Le Muse": Direttrice Maria Teresa Liuzzo, Vicedirettore Davide Borruto)

Alessandra Branzanti
Alessandra Branzanti

Biografia di Alessandra Branzanti

Insegnante di scuola primaria, vive a Rieti. Esordisce nel 2011 con un racconto che si classifica terzo al suo primo concorso letterario.  Dopo questo importante traguardo le sue opere ottengono importanti riconoscimenti. Sono tante le pubblicazioni in antologie collettive con la casa editrice Apollo edizioni e la GA edizioni. Due volte  è stata  ospite al Salone del Libro di Torino grazie al concorso letterario Lingua Madre, numerose le Menzioni e Segnalazioni di Merito ricevute nei vari concorsi letterari, tra cui una Menzione di Merito al concorso Cet - Scuola autori di Mogol e due Menzioni della Giuria al Premio Piemonte Letteratura. Seconda classificata al Premio per la Pace e la Giustizia Sociale a Torino nel 2017;  alla Rassegna Internazionale del Padus Amoenus arriva due volte seconda, conquistando un Padus d’Oro e successivamente ottiene anche un Riconoscimento Internazionale sempre con una poesia singola inedita. La Galleria d’Arte Contemporanea “Globalart”  le conferisce un Premio d’Onore come segno di riconoscimento per meriti artistici e culturali, un attestato di valutazione creativa per la competenza poetica in occasione dell’esposizione della “Sfida tra talenti” nel 2018 e un Primo Premio Speciale della critica per le qualifiche della poesia inedita e personalizzata al XI Concorso della “Globalart International Art 2019”. Nel 2016 entra a far parte della Rivista Internazionale “Le Muse”,  partecipa a lezioni che svolge Mogol nella sua tenuta in Umbria,  collabora con l’Istituto Internazionale di Poesia di Ravenna e da diversi anni è parte attiva dell’Associazione Culturale “Centro studi Cultura e Società” di Torino. 
La forza generatrice della poesia 
Lo sguardo del poeta ha sempre un'attitudine sopraffine come nel caso della nostra autrice; ella osserva dettagliatamente ciò che la circonda, al contempo cercando di scandagliare il suo stato d'animo. In alcune poesie la nostra scrittrice rifiuta di essere relegata a un prototipo di vita che non le appartiene per approdare solitaria a nuovi porti esistenziali in questa ferrea volontà risiede la forza generatrice della poesia. Alessandra Branzanti abbandona la pantomima di una recita, nel bel mezzo del parco dell'assurdo, che le porterebbe una coercizione insopportabile: una maschera. Le sue espressioni rivelano il desio di entrare in empatia col lettore in quanto il genere poetico lenisce le ferite perché crea corrispondenze di amorosi sensi quindi ben consapevole di questo effetto salvifico la poetessa brama di scuotere la polvere dalla cassaforte del cuore e di spazzare via le nuvole da ovattati cieli di rame ove la  sua missiva engagée trova un riscontro letterario di elevato valore.
Sabrina Santamaria
Alessandra Branzanti
Alessandra Branzanti
Intervista all'autrice
In quali sentieri profondi ti sei ritrovata nutrendo il tuo amore per la poesia?
Ho cominciato a scrivere per caso, in un momento difficile della vita. La poesia mi ha dato la possibilità di far conoscere la mia sensibilità, il mio modo di essere, di pensare. Grazie alla mia passione letteraria  è venuta fuori una persona che non vuole rimanere indifferente alle brutture della vita, descritte a volte con tonalità marcate e seguendo i miei stati d’animo. Ho elaborato una poesia dove la ragione del cuore potesse essere sempre presente, immersa in situazioni reali per sensibilizzare e avvicinare l’immaginario collettivo al nostro tempo. Una donna solitaria non si lega facilmente alla massa, si allontana spesso dal vivere quotidiano, convive con un mondo parallelo che la fa stare meglio, è una persona diversa che si difende da tutti e fatica ad essere accettata. Nel tempo non sono cambiata: perennemente alla ricerca di un mondo migliore, sono felice di percorrere un sentiero che mi ha ridato serenità e dignità insieme  alla mia fragilità.
Esiste un fil rouge fra libertà e letteratura?
La letteratura è un desiderio e in quanto tale ha in se’ la spinta verso la libertà. Al suono di questa parola nascono sentimenti di felicità, di gioia, ma anche di ribellione e di sofferenza che scrittori, filosofi e pittori hanno espresso nelle loro opere, diventando giudici invisibili di una società in cui l’individuo si ritrova oppresso e schiacciato. Il tema della libertà individuale è fortemente presente nella letteratura italiana, francese e inglese del ‘900. Alcuni autori, come Aldo Palazzeschi e Dino Campana, hanno raccontato la fuga dal sistema con qualche forma di pazzia. Luigi Pirandello nel “Fu Mattia Pascal” racchiude il senso della nostra esistenza e della nostra libertà individuale e testimonia l’impossibilità dell’uomo di essere artefice del proprio destino. George Orwell definiva la letteratura una palestra di libertà.  Il conflitto tra le difficoltà dell’esistenza e il desiderio di libertà costituisce da sempre un tema della letteratura: l’uomo non può andare contro il suo destino, ma può trasformare la sua esperienza e i suoi sentimenti in un’opera artistica o letteraria per tramandarli alle generazioni future; solo così può conoscere una libertà assoluta e nella  letteratura trova i suoi intenti.
I tuoi versi ti hanno mai condotta a sognare?Il sublime ti ha mai sfiorata? 
 Sono un’accanita sognatrice e il lavoro di insegnante sprigiona continuamente la mia creatività stando a contatto con i più piccoli, ai quali ho dedicato diverse poesie. Nei versi descrivo idee, concetti, situazioni e persone che fanno parte della vita di tutti i giorni e il sognare lo ritrovo nella spinta al cambiamento, nello scuotere coscienze, nei messaggi che trasmetto, nei ricordi sempre vivi. C’è una poesia in particolare alla quale sono molto legata dal titolo “Sandrino”; è il ricordo di una persona cara, diversamente abile, che conduceva una vita tranquilla nella cittadina dove sono nata. Ogni giorno percorreva sempre lo stesso tratto di strada per andare a lavoro e quando ci vedeva giocare, passandoci davanti, si fermava per un saluto ed era piacevole parlare con lui. Il suo volto sempre sorridente e, al tempo stesso, assente è rimasto impresso nella mia mente come i tanti ricordi della mia infanzia, ricca di affetti e trascorsa serenamente nell’alta Maremma. Alcune poesie sono veramente un battito, un respiro per bellezza e semplicità, in questi momenti in cui percepisco freschezza e leggerezza sono sfiorata dal sublime.
Hai delle  pubblicazioni in cantiere?
Collaboro con case editrici per pubblicazioni di poesie in antologie collettive e pubblicherò la mia prima silloge nella prossima primavera.
(Intervista rilasciata dalla scrittrice Alessandra Branzanti a Sabrina Santamaria)
 
 
 
 
 
 

"Cambi di prospettiva" di Francesca Arcelloni

 
 (Intervista pubblicata nella Rivista Internazionale Le Muse-Direttrice Maria Teresa Liuzzo- Vicedirettore Davide Borruto)
             
Biografia di  Francesca Arcelloni
 
Nasce a Piacenza l'11 marzo 1972 e vive a Pontedera (PI).
Il suo libro di esordio è “ In viaggio” pubblicato in lingua Italiana ed Inglese (Travelling) in formato cartaceo ed E-book con Youcanprint nel 2018. E' una raccolta di nove racconti dove speranza e determinazione sono una lezione di vita, cui la vita l'ha fregiata di momenti dolorosi, ma l'anno fatta rinascere, ancora più forte, come un'araba fenice. Ha proseguito pubblicando nel Settembre 2018 il libro “Cambi di prospettiva”. L'autrice è attivamente impegnata a dar voce agli scrittori emergenti, facendo promozione, con il Gruppo Letterario “ Segui le tue parole” su Facebook con la sua collega ed amica Fiorella Di Mauro ed attiva con la produzione di nuovi progetti tra cui un'antologia con la collaborazione degli autori dello stesso gruppo. Una mente sempre in movimento ha in programma il terzo libro!
 
 
• PREMIO LETTERARIO“CARO AMICO TI SCRIVO” - IBISCOS EDITRICE RISOLO - Menzione d'onore 2007 
 
• PREMIO LETTERARIO “EMOZIONI” ASSOCIAZIONE ETERNA – TraLeRighe Gruppo Facebook
 Menzione d'onore 2017 con il racconto “RACCONTAMI”.
• Rubrica “ P@role” nel gruppo Facebook Tralerighe
 
• “IL SUBLIME” - ASSOCIAZIONE MONDO FLUTTUANTE
Menzione d'onore 2017 con il racconto “RACCONTAMI”.
• Nel Dicembre 2018 è stata l'ideatrice del Gruppo Facebook “Segui le tue parole – Follow your words”, e tuttora sta lavorando con la sua collega Fiorella Di Mauro.
 
• “RACCONTI TOSCANI” - HISTORICA EDIZIONI
Menzione d'onore 2018 con il racconto “RACCONTAMI”
Menzione d'onore 2019 con il racconto “CAMBI DI PROSPETTIVA”
 
• “LE MUSE” Rivista Internazionale seleziona come 4° di copertina per la sua rivista per: “L'importanza dei valori trasmessi”.
 
• Pubblica il libro “CAMBI DI PROSPETTIVA”  nel Settembre 2018 
 
I sorrisi fra i flashback di Tissy
“Cambi di prospettiva” è il titolo di un romanzo dalla prosa scorrevole, intensa e profonda. La protagonista Tissy è una giovane donna, amante della vita, dell’amore  e dell’amicizia; sicuramente Tissy scruta la realtà riflettendo su tutti i punti di vista infatti ella non si ferma alla visione stereotipata e superficiale, ma si diletta a pensare raccontando di sé ai lettori, direi che, quasi, si confida con chi legge. Il ritmo narrativo svela un animo candido e puro, come se suggerisse attraverso alcune espressioni l’idea di leggerezza e morbidezza.  Tissy cambia spesso prospettiva e questa sua velleità arricchisce le sue descrizioni e i suoi racconti densi di contenuti, la protagonista si lascia trascinare dal suo flusso di coscienza e  non segue un ordine logico e cronologico degli eventi.  L’autrice Francesca Arcelloni si avvale di alcune tecniche narrative come flashback, analessi e prolessi dunque mediante questi artifici letterari la protagonista, in prima persona, mette a nudo i suoi ricordi fra le strade affollate di Londra  e Dublino infatti Tissy adora viaggiare. “Cambi di prospettiva” è un tipo di romanzo che si può leggere in spiaggia, accomodati in una poltrona, in una libreria perché lo stile dell’opera è rilassante e pacato in quanto l’autrice delicatamente prende per mano il lettore facendogli varcare la soglia della sua memoria, essa  può rimembrare   lieti o tristi momenti che, tuttavia, noi viviamo e fra i ricordi che noi  stessi confidiamo agli altri  rimane il marchio indelebile di un sorriso, appunto, al pari della nostra Tissy. 
Sabrina Santamaria
"Cambi di prospettiva" di Francesca Arcelloni
 
 Intervista all'autrice
•Quale emozione hai provato scrivendo questo romanzo?
Le emozioni che ho provato nello scrivere “Cambi di prospettiva”, sono le stesse che provo nel momento in cui rileggo qualche pagina del mio romanzo. Scrivere per me è un modo per liberarmi da pensieri a volte negativi e a volte positivi,  è la base dell'introspezione. Tantissime volte mi capita  di provare sensazioni ansiose e quindi per me è una “strategia”  vincente quella di trasporre i miei pensieri  in racconto, narro piccoli scorci di tutti i giorni, in cui la vita scorre, ma tutto sommato ogni frammento della realtà  potrebbe essere una storia. Ci sono particolari  nella mia prosa, come quello  di un gelato, che realmente sono esistiti, infatti alcuni  stralci della mia vita mi hanno ispirata ad esempio il personaggio  Noah non è completamente frutto della mia immaginazione! Colgo gli attimi che mi fanno stare bene.
 
•La protagonista Tissy ti rispecchia?
  Tissy mi rispecchia molto più di quanto il lettore possa davvero dedurre. E' un dimostrare, principalmente a me  stessa,  che la vita è multi direzionale ed ha cambi di prospettiva continui. In ogni angolo di un vissuto ci trovo una storia. Ho voluto tirare fuori aspetti della nostra vita, apparentemente banali,  come le sensazioni di battiti di cuore accelerati, quasi incontrollabili, ma che Tissy  ha imparato a gestire proprio come me. Nelle storie tutto è permesso!
 
•“Cambi di prospettiva” è molto improntato sui ricordi. Un particolare della tua vita ti ha ispirata a tessere questo ordito narrativo? 
Per la maggior parte sono tutti ricordi di viaggio dopo un periodo importante della mia vita, in cui stavo per precipitare, però mi sono rialzata. La mia caduta fisica  riguardava attacchi di panico e forte ansia e di cui ora sono ancora un po’ vittima. La mia ripartenza mi ha portata a prendere un aereo per Londra e Dublino  da donna solitaria e sono  ritornata a casa con il cuore pieno di amici di tutte le nazionalità. Sono state delle esperienze che mi hanno  fatta crescere. Londra è molto caotica  mentre Dublino è frizzante dall'aroma dal retrogusto amaro, ma nello stesso tempo avvolgente. Entrambe le esperienze solo a ricordarle mi fanno brillare gli occhi e fare sentire viva!
 
•Raccontaci dei tuoi futuri progetti letterari.
Prima di “ Cambi di prospettiva”  ho pubblicato “ In viaggio”: una raccolta di racconti. Nel mio futuro c'è un nuovo libro in creazione, mi sto dedicando proprio in questo periodo. A parte la pubblicazione dei libri, gestisco  il gruppo Facebook “ Segui le tue parole”,  con la mia collega Fiorella Di Mauro, dove stiamo organizzando iniziative  interessanti per gli autori emergenti. In questo momento delicato, per via  del Coronavirus, sto realizzando un'antologia con gli autori che desiderano  partecipare. La priorità è sentirsi bene e di conseguenza donare un sorriso agli altri sfruttando a pieno una passione o lavoro. Stiamo aspettando di riavere il via al nostro mondo: le fiere e le presentazioni in tutta Italia!
 
(Intervista rilasciata dalla scrittrice Francesca Arcelloni a Sabrina Santamaria)
 
 

"Quando le parole diventano emozioni (diario di un uomo innamorato della vita)" di Antonio Scarito

(Intervista edita dalla Rivista Internazionale "Le Muse"- Direttrice Maria Teresa Liuzzo- Vicedirettore Davide Borruto)

Cenni biografici
Antonio Scarito è nato nel dopoguerra e precisamente nel 1948 in un paesino della provincia di Palermo , Caltavuturo, un Paese situato sulle Madonie in cui tutto era uno scorrere del tempo senza che mai ci fossero eventi particolari. La gente del  suo paese natio è molto semplice, ma esprime un  modo  genuino di volersi bene e di far sentire tutti una famiglia infatti  lì tutti erano la “zia” o lo “zio” e ci si trattava come parenti. Finita la scuola media è vissuto  a Palermo per studiare e ancor prima di finire si era  già sposato ed era padre  di due figli. Ha lavorato in una  scuola guida e in banca  per trentasei anni. Nel 2009 raggiunse l’età pensionabile, anche se non ha mai smesso di lavorare fin adesso. 
I numeri in banca non esprimono fantasia come  le parole e sicuramente un impiegato in banca ha più dimestichezza a far di conto  che a comporre versi.
Cinque anni fa si accorse  che molte persone scrivevano poesie e poiché capì che poteva fare tutto quello che fanno gli altri, decise così di cominciare. Le sue poesie nascono spontaneamente dall'animo suo;  alcuni critici letterari sostengono  che  forse un vecchio avo gli sussurra parole e rime donandogli ispirazione.
"Quando le parole diventano emozioni" di Antonio Scarito
 
Un uomo che verseggia la beltà dell'esistenza
Lo stile poetico di Antonio Scarito raggiunge l'apice della bellezza in un fantastico diario in versi in cui un uomo innamorato della vita si esprime descrivendo in modo ambizioso le sue emozioni e sensazioni. “Quando le parole diventano emozioni” è un'opera letteraria in cui il poeta si adorna di fiducia confidando nelle capacità del lettore di saper scavare nelle profondità più recondite del suo poetare; egli caldeggia e allieta chiunque si accosti alle sue poesie in stile libero. Il suo è un profondo afflato alla maestosità esistenziale che ogni essere umano dovrebbe ricercare e riscoprire. 
Sabrina Santamaria
Intervista all'autore
• La poesia è il modo più autentico per sentirti libero?
La poesia è il modo più autentico per sintetizzare i pensieri,  per esprimere liberamente quello che sentiamo senza doversi inventare le parole, perché comunque le poesia è tale se nei  versi vi  sono  espressioni spontanee.
• Quali emozioni ti ha regalato la poesia?
 
Le emozioni le percepiamo quando   rileggiamo quello che scriviamo mediante il nostro flusso di coscienza e  ci accorgiamo che dentro noi esistono idee, fatti e persone che influenzano la nostra vita anche se non ne abbiamo piena consapevolezza.
 
• Esistono temi principali da affrontare mediante lo stile poetico secondo te?
 
Assolutamente no,  la poesia non è una narrazione di fatti, ma un’esternazione dei sentimenti e delle emozioni che germogliano dentro di noi. 
• Chi è il poeta secondo te? Colui che ha “perso l'aureola” come sosteneva Baudelaire?
Poeta è l’essere umano  ricco di essenze spirituali  da decantare in poesia  e non è colui che scrive per senso del  dovere. 
 
(Intervista rilasciata dal poeta  Antonio Scarito a Sabrina Santamaria)
 

"Se questo è amore" di Eddy Lovaglio

Biografia dell'autrice
Giornalista, scrittrice, regista di opera lirica. 
Amante soprattutto del racconto di altrui vite, ha pubblicato nel 2002 la prima biografia italiana sul tenore italo-americano Mario Lanza, “Mario Lanza, una voce un artista” (edito da Azzali Editori), per la quale è stata ospite in diversi programmi Rai (TG Due dossier, ‘Ci vediamo in TV’ con Paolo Limiti, rubriche su Rai International) oltre a Sky canale 906, BBC e Cultural Channel della TV Nazionale Russa. 
Nel 2003 ha collaborato al libro sul “Parmigianino” di Vittorio Sgarbi, nell’ambito degli eventi celebrativi dei 500 anni dalla nascita dell’artista, ed ha vinto la XI° edizione del Premio Italia Letteraria con il romanzo a sfondo storico dal titolo “Un grido dal lager” (edito da Luna Editore). 
Ha collaborato alla serie di libri “Parma di una volta” di Tiziano Marcheselli, in allegato alla “Gazzetta di Parma”.
Nel 2006, all’ Università di Binghamton, N.Y., Usa, ha tenuto una conferenza su Giuseppe Verdi. 
Il 28 ottobre 2006, a Roma, riceve il Premio Athanòr per la “Saggistica”.
Nel 2007 ha pubblicato la biografia sul tenore Rinaldo Pelizzoni (edito da Azzali editori) e nel febbraio 2008 ha pubblicato il libro su Renata Tebaldi (edito da Azzali Editori). 
Nel 2009 ha pubblicato per il Comune di Parma il libro “Valerio Zurlini, protagonista discreto”, dedicato al noto regista scomparso. 
Diversi sono i suoi scritti inclusi in libri di altri autori, sia di saggistica e sia di poesia. 
Dal 2009 al 2018 è stata co-direttore di due testate editoriali (Parma Anni 2000 e New Parma) ed ha scritto per altre testate giornalistiche. 
Nel 2020 pubblica il romanzo psicologico “Se questo è amore”, in formato ebook e cartaceo. 
Di prossima pubblica il saggio sulla voce lirica dal titolo: “Non si canta con le corde vocali”. 
 
La Fenice Kierkegaardiana 
 
La letteratura di tutti i secoli è sempre stata  in stretta relazione con l'amore; i sentimenti sono  stati un tema privilegiato dell'arte, della poesia e della prosa. L'Eros assume varie forme e sfumature, in particolare nel romanzo “Se questo è amore” di Eddy Lovaglio la passione non acceca l'anima, ma è fuoco purificatore e catartico. La protagonista, Sara, si forgia e diviene “domina”, cioè “signora del cuore” di Marcello, un regista ambito da molte donne. È un romanzo che scardina molti stereotipi ad esempio il mito della donna affascinante, perfetta, però “oca”; Sara è una modella la quale ha una grande capacità intellettiva, ella è colei che scruta la realtà a fondo, cercando di non tralasciare nessun punto di vista, le sue doti attireranno Marcello. L'autrice è stata capace di scrivere un libro che incuriosisce ogni target di lettori, una narrazione breve e intensa, accattivante e passionale; non è un banale romanzo rosa in quanto mette in luce la storia di una rinascita interiore, di una creatura che cresce in divenire scoprendo se stessa  con la consapevolezza di una creatura umana che in primis sceglie se stessa in un'ottica Kierkegaardiana e la nostra protagonista risorge dalle sue ceneri.
 
Sabrina Santamaria
 
 
"Se questo è amore" di Eddy Lovaglio
 
Intervista a Eddy Lovaglio
•Quanta rilevanza ha per te la letteratura?
E’ come chiedere al fornaio se gli piace il pane. Il valore della parola e della scrittura fa parte della mia vita, fin dai tempi di scuola ho sempre detestato la matematica e amato le materie umanistiche. I libri sono fonte essenziale del nostro sapere, è un vero peccato che l’Italia sia fra gli ultimi posti in classifica come percentuale di lettori. La poesia del giorno d’oggi è un sms, la letteratura è uno scritto su facebook. Molto triste. L’editoria è arrivata a sposare l’informatica con l’invenzione dell’ebook, il libro in formato elettronico che si può leggere da un cellulare o da un ipod. Ci sono tutti gli strumenti, dunque, per poter godere di una buona lettura ed accrescere il proprio bagaglio culturale, oltre che ricreativo. Il mio consiglio è di leggere molto, spesso i novelli scrittori si improvvisano nello scrivere leggendo poco. Così abbiamo più scrittori che lettori. 
•Quali emozioni provi quando scrivi?
La scrittura per me è naturale come andare in bicicletta, quando hai provato le brezze di pedalare con l’aria che ti accarezza i capelli non ti fermeresti più. E’ da sempre una delle mie più grandi passioni anche se la vita mi ha portato su altri percorsi lavorativi e quindi non sempre ho la possibilità di dedicarmi alla scrittura. Ciò richiede tempo e serenità per poterlo fare. Non sempre è possibile, si rischia di diventare asociali perché quando sei sul pezzo ti chiudi in casa a scrivere e tagli il mondo fuori dalla porta. Quando posso dedicarmi alla scrittura certamente il mio spirito ne trae giovamento. Il lockdown, ad esempio, per me è stato motivo di trasformare una drammatica necessità in una opportunità. 
•In quale momento del tuo percorso esistenziale hai cominciato a scrivere?
Direi fin da quando alle elementari mi hanno insegnato a scrivere. Ma ringrazierò sempre il mio professore di italiano alle superiori che con la nostra classe aveva istituito il “Giornalino della scuola” con riunioni di redazione e noi giovani, e improvvisati, giornalisti in erba. E’ stato un esperimento scolare che ha incentivato la mia passione per la scrittura e mi ha fatto diventare, poi, nella vita, giornalista. 
•Da quale ispirazione nasce il tuo romanzo “Se questo è amore”? Quanto c'è di realmente vissuto nella vicenda del romanzo?
Questo romanzo è il prodotto del lockdown e vuole essere lo specchio della società. Cambiano le mode e i costumi, cambia la tecnologia, ma non cambia l’animo umano. Perciò la storia di questo romanzo, pur trattando della relazione fra un uomo e una donna, ha diversi livelli di lettura ed è al servizio di un concetto allegorico. Io detesto le autobiografie quindi non potrei mai scrivere nulla del genere. Però quando si scrive si ha l’obbligo di offrire al lettore un’aderenza alla realtà affinché si possa risultare credibili e quindi coinvolgere il lettore, perciò sarebbe auspicabile scrivere di ciò che si conosce specialmente in merito ai luoghi o alle situazioni in cui si vuole ambientare la storia. La musica, ad esempio, fa parte della mia vita e in ogni mio libro c’è una citazione di questo tipo, ad esempio. Poi in una qualsivoglia vicenda l’autore inserisce i suoi pensieri e le sue riflessioni, queste fanno parte certamente del suo vissuto. 
•La protagonista del libro, Sara,  ti rispecchia per certi aspetti?
L’altro livello di lettura di questo libro, oltre a quello allegorico e metaforico, è l’esigenza introspettiva dei personaggi e la ricerca del sé Siddarthiano, la formazione di una personalità, soprattutto arrivare a costruire il “mito di se stessi”: l’opera d’arte finale.  Le mie riflessioni su questo rispecchiano di più le parole dei dialoghi del protagonista maschile e non quelli della protagonista femminile. 
• “Se questo è amore” narra, oltre che una storia d'amore, anche la rinascita di una donna in quanto cambia vita oppure perché alla fine opta per una scelta ben precisa, seppur dolorosa?
La vicenda narra di scelte coraggiose perché spesso controcorrente. Ogni scelta dunque può essere una rinascita perché diventa spronante per l’individuo mettersi alla prova e non adagiarsi a vivere e basta. Perciò secondo una chiave di lettura le scelte della protagonista equivalgono alla costruzione della sua personalità, secondo l’altra chiave di lettura equivalgono a prove da superare per raggiungere la simbolica vetta della piramide. 
•Nell’incipit della tua prosa tu compi un parallelismo fra la storia di Marcello e Sara con l' “Esodo” in particolare con la creazione del vitello d'oro e la conseguente ribellione del popolo ebraico; questo esempio mette a nudo l'animo umano che, nei secoli, è sempre stato corrotto in quanto bada a ciò che è visibile?
Esattamente così. Come dicevo prima, l’animo umano non cambia. L’attesa è anch’essa una di quelle prove di cui parlavo prima e può generare ribellione. La prefazione al romanzo è dunque la metafora che vuole dare il senso della vicenda che si va a narrare. In questo caso sarà il lettore a valutare quale sia la scelta migliore, se a valle o sulla vetta della montagna. Specialmente nella società attuale. La felicità è cosa del tutto personale e ognuno la deve trovare dentro di sé, ma non prima di avere avuto la capacità di comprendere determinate cose che fanno parte di un percorso individuale. 
•Quale relazione esiste fra “poesia” e “amore”?
L’amore è poesia e quindi è la relazione per antonomasia, ma se dovessi associare un poeta all’amore sceglierei Arthur Rimbaud, il poeta maledetto, anima irrequieta e sovversiva che ruppe i canoni convenzionali della letteratura dell’Ottocento. L’amore in fondo rende l’anima irrequieta. L’amore romantico è pura illusione, oggi ad esempio le cronache abbondano più dell’amore criminale e non di quello puramente sentimentale che è divenuto soltanto utopia. 
• Quale metafora o archetipo mette ben in luce l'idea del “divenire”?
L’essere umano è l’animale pensante che più si avvicina all’archetipo che subisce via via delle trasformazioni, elevando il suo intelletto e divenendo così il più grande esperimento del pianeta terra. 
• In futuro come sorprenderai i tuoi lettori?
Di prossima pubblicazione il mio libro sulla voce lirica dal titolo “Non si canta con le corde vocali”, giusto per rimanere in tema con un’altra materia che caratterizza la mia vita e cioè la musica. Ma se dobbiamo parlare di “sorpresa” i lettori dovranno attendere l’uscita del libro successivo che sarà un giallo/poliziesco e sarà il primo della serie “Squadra Speciale Vi.D”. 
Eddy Lovaglio
Eddy Lovaglio
 Intervista rilasciata dall'autrice Eddy Lovaglio a Sabrina Santamaria
 
 

"La rinascita di Ginevra" di Jennifer Gerbi

Jennifer Gerbi

Intervista pubblicata nella Rivista Internazionale "Le Muse"-Direttrice Maria Teresa Liuzzo-Vicedirettore Davide Borruto

Cenni biografici
Jennifer Gerbi, nata a Torino il 27/05/1984 ,make up artist ,vive a Vesime in provincia di Asti, ma progetta di andare a vivere vicino  al mare con la sua famiglia.
Una mamma che ama viaggiare e che sogna la Polinesia, la sua filosofia è di considerarsi al meglio per sentirsi più sicuri di se’, la sua missione si concretizza nell'aiutare le persone a credere in se stesse, nonostante tutto e tutti, non cercando di essere perfetti ma cercando di fare del proprio meglio, non mascherandosi,  ma valorizzandosi, ama gli animali e il suo navigatore naturale sono le sue sensazioni. 
 
Raccontarsi per amarsi: la “metamorfosi” della narratrice 
Il romanzo di Jennifer Gerbi mette in luce le caratteristiche della società odierna in cui una donna separata  si immerge nel mare magnum digitale cascando nei tranelli e nei meccanismi della cancrena in cui le nostre “protesi” tecnologiche(termine coniato dallo studioso Marshall McLuhan) si sono putrefatte, causando l'inevitabile sozzura delle community Learners e delle partner friendships. Balza agli occhi del lettore il riferimento a Ginevra, mitico personaggio del ciclo dei romanzi arturiani, nonché traduzione corrispondente italiana del nome della nostra autrice;  il susseguirsi delle epoche storiche evidenzia la presenza di donne devianti le quali hanno infranto le regole morali implicitamente imposte dai vari contesti socio-culturali quindi al pari della regina di Camelot la protagonista del romanzo di Jennifer Gerbi, per qualche tempo, si lascia travolgere dalle sue emozioni, dalle sue passioni e dai suoi sogni fuorviando dal progetto matrimoniale precostituito; tuttavia la  ricerca di se stessa sarà fruttuosa e utile tanto da condurla ad alcuni risvolti positivi della vicenda ecco perché, appunto, il titolo dell'opera marca profondamente l'antefatto di un'energia che si rigenera.
Sabrina Santamaria 
 Intervista a Jennifer Gerbi
•La tua passione per la letteratura  quali ispirazioni ti suscita? In quale momento esistenziale è emerso il tuo imprinting con la narratività?
SCRIVENDO MI SENTO ME STESSA. SCRIVERE E’IL MIO MIGLIOR MODO DI COMUNICARE, MI RENDE FELICE AL CENTO PER CENTO  PERCHE’SO CHE NEL MIO PICCOLO POTREI ARRIVARE ALLE PERSONE E AL LORO CUORE. HO CAPITO NEL TEMPO CHE LA COSA PIU’IMPORTANTE SIA CREDERE IN SE STESSI, MA SO, ANCHE, CHE SE SI POTESSE AVERE L’AIUTO DI PERSONE GIUSTE PER NOI SAREBBE ANCORA MEGLIO,E’RASSICURANTE SENTIRSI APPOGGIATI.
LE NOSTRE SENSAZIONI SONO IL NOSTRO NAVIGATORE NATURALE,LORO SANNO LA COSA MIGLIORE PER NOI, MA PER SEGUIRLE CI VUOLE  CORAGGIO.
HO INIZIATO A SCRIVERE QUANDO HO SENTITO IL BISOGNO DI UNA VALVOLA DI SFOGO,DI FAR USCIRE EMOZIONI SIA BELLE CHE BRUTTE,AVEVO VOGLIA DI SENTIRMI PIU’LEGGERA NON TENENDO TUTTO DENTRO. E’AVVENUTO TUTTO NATURALMENTE,IO CREDO CHE L’USO D’INTERNET NON SIA DISEDUCATIVO,  MA SICURAMENTE COME IN TUTTE LE COSE CHE NON CI DEBBA ESSERE L’ESAGERAZIONE,NON CI SIA PAURA NELL’APPROCCIO,  MA PRECAUZIONE. ESISTONO IL BENE E IL MALE ANCHE QUI COME NEL MONDO REALE,STA A NOI SAPERLI DISTINGUERE.
•Il romanzo “La rinascita di Ginevra” è imbevuto dalla critica intellettuale che etichetta l'uso di internet come diseducativo?
SE SAREMO FORTUNATI AVREMO UNA VITA LUNGA,CAPITANO MOMENTI E PERIODI DI VULNERABILITA’SIAMO UMANI; ESISTONO PERSONE MALINTENZIONATE CHE SANNO FINGERE BENISSIMO E CHE CI AIUTANO, QUESTO SI,  MA NON PER AMORE COME CERCANO DI FARCI CREDERE, MA PER SECONDI FINI; NON DOBBIAMO ILLUDERCI IDEALIZZANDO QUESTO TIPO DI PERSONE PER LA PAURA DELLA SOLITUDINE MA DOBBIAMO  AFFRONTARE LA PAURA RIMANENDO LUCIDI.
LA COSA PIU’BELLA E’SICURAMENTE LA CONDIVISIONE CON LE PERSONE GIUSTE PER NOI PERÒ  SENTIRSI IN PACE CON SE STESSI E’INDISPENSABILE,LA COSA BRUTTA INVECE E’TENERSI ACCANTO PERSONE NOCIVE.
"La rinascita di Ginevra" di Jennifer Gerbi
 
 •Se dovessi dare dei consigli sull’uso di internet e dei social network quale comportamento precauzionale forniresti?
INTERNET LO USO ANCHE PER LAVORO FACENDO CONOSCERE UN CLUB DI VIAGGIATORI MOLTO CONVENIENTE SOTTO VARI ASPETTI,SIA COME SODDISFAZIONE PERSONALE  INFATTI  VIAGGIARE  È UNA DELLE MIE PASSIONI,  SIA A LIVELLO DI BUSINESS, È UN MEZZO CHE POTREBBE PERMETTERMI QUESTA ATTIVITA’DI FAR CARRIERA PUR STANDO QUOTIDIANAMENTE CON MIO FIGLIO SENZA PERDERMI NESSUN MOMENTO DELLA SUA CRESCITA,PER ME NON C’E’MAI STATO NULLA DI PIU’IMPORTANTE DI QUESTO.
SONO FELICISSIMA PER L’INNOVAZIONE CONTINUA; IL WEB SUPPORTA, SOPRATTUTTO IN QUESTO PERIODO DIFFICILE CON IL CORONAVIRUS IN CIRCOLO MI RENDO CONTO DELLA GRANDE OPPORTUNITA’SIA LAVORARE TRAMITE INTERNET,L’ISOLAMENTO FORZATO DOBBIAMO ACCETTARLO PER AMOR NOSTRO E DEGLI ALTRI E ANCHE IN AMBITO SCOLASTICO TRAMITE INTERNET LA SCUOLA PUO’COMUNQUE PROSEGUIRE MALGRADO L’IMPREVISTO E L’EMERGENZA.
IL COMPORTAMENTO PRECAUZIONALE CHE POSSIAMO AVERE A 360 GRADI E’ DI SEGUIRE LA NOSTRA VOCINA INTERIORE PERCHE’LEI NON SBAGLIA MAI ED IO NE SONO LA TESTIMONIANZA.
•Il messaggio  sociale racchiuso nella tua fatica letteraria ha lo scopo di risvegliare i giovani dal loro “sonno dogmatico”?
IL MESSAGGIO CHE MI PREME FAR ARRIVARE A PIU’PERSONE POSSIBILI NEL MONDO E’DI CREDERE SEMPRE IN SE STESSI O COME NEL MIO CASO D’IMPARARE A FARLO,MI RIVOLGO SOPRATTUTTO ALLE MAMME RICORDANDO IL FATTO CHE I NOSTRI FIGLI SIANO SICURAMENTE LA COSA PIU’IMPORTANTE,  MA DI NON DIMENTICARE CHE CI SIAMO ANCHE NOI E CHE LA FELICITA’DEBBA APPARTENERE AD ENTRAMBI.
•Raccontaci dei tuoi futuri progetti letterari…
PER ME SCRIVERE NELLA QUOTIDIANITA’E’UN PIACERE NON UN PESO QUINDI SCRIVO OGNI GIORNO PER CERCARE DI CONTINUARE AD AIUTARE I LETTORI CONDIVIDENDO LE MIE ESPERIENZE,QUANDO MI SONO SENTITA SOLA NELLA MIA VITA SAREI STATA FELICE DI POTER LEGGERE IL VISSUTO DI UNA PERSONA CHE STESSE VIVENDO UNA SITUAZIONE SIMILE ALLA MIA PARLANDO DA CUORE A CUORE COME CERCO DI FARE IO,VORREI CHE NESSUNO SI SENTISSE ABBANDONATO COME MI SONO SENTITA IO TROPPO SPESSO,LA LETTURA DI UNA TESTIMONIANZA MI AVREBBE AIUTATA A NON PERDERE FIDUCIA IN ME STESSA E SPERO  FACENDO DEL MIO MEGLIO DI POTER PUBBLICARE UN PROSSIMO LIBRO E MAGARI CHISSA’ANCHE TANTI ALTRI IN FUTURO.
GINEVRA SONO IO…E’IL MIO NOME IN ITALIANO…SONO UNA DONNA CHE E’STATA SEPARATA IN PASSATO MA CHE IMPARANDO A CREDERE IN SE STESSA E’RIUSCITA CON I SUOI TEMPI A REALIZZARE IL SUO SOGNO PIU’GRANDE,CHE CERCA DI MANTENERLO CHE E’ALTRETTANTO IMPORTANTE,CHE NEL FRATTEMPO CERCA  DI REALIZZARE TUTTI I SUOI SOGNI CON UNA SANA LEGGEREZZA,GRAZIE AI SOCIAL NETWORK HO CONOSCIUTO PERSONE E COLLEGHI SPECIALI,IL MONDO VIRTUALE E’UN MODO PER CONDIVIDERE L’AMORE IN TUTTE LE SUE FORME E PUO’ESSERE UNA FONTE DI SANA ISPIRAZIONE.
 
(Intervista rilasciata dalla scrittrice Jennifer Gerbi  a Sabrina Santamaria)
 
 
 

La scrittrice Antonella Polenta racconta la sua passione letteraria

(Intervista pubblicata nella Rivista Internazionale "Le Muse"-Direttrice Maria Teresa Liuzzo-vicedirettore Davide Borruto)

 Note biografiche di Antonella Polenta

Sono nata a Roma. Sono Biologa e Agronoma. Dopo essermi occupata di studi epidemiologici e sociali e aver ricevuto vari incarichi come dirigente pubblico, allo stato attuale dirigo un’Area che si occupa di aspetti naturalistici, urbanistici e ambientali.
Al mio attivo ho diverse pubblicazioni scientifiche e divulgative, tra cui articoli su riviste, monografie e libricini.  Amo i viaggi e tutto ciò che concerne i luoghi da visitare, esplorare e fotografare. Per dare spazio a questa passione ho attivato un sito internet che raccoglie immagini, resoconti e presentazioni, in PowerPoint, di viaggi. www.antonellapolenta.com. Ho iniziato a scrivere poesie in età adolescenziale, ho vinto alcuni premi, ricevuto varie segnalazioni e ottenuto la pubblicazione su antologie e riviste. 
Nel 2004 è uscita la mia opera prima, “Amori Traditi”, da cui è stata tratta la performance multimediale “Riflessi sonori di immagini poetiche” che è andata in scena alla Casa del Jazz di Roma.
Negli anni 2006-2010 ho vinto diversi premi con racconti e con una silloge di poesie “Attraverso la finestra la luna”, che ha ottenuto la pubblicazione
Nel 2012 è uscito in versione elettronica “Murder. Omicidi a Natale” - Enzo Delfino Editore. Nel 2013 lo stesso, in versione cartacea, è risultato vincitore alla IV Ed. del concorso IoScrivo, indetto dal Giallista.
Nel 2016 è uscito il romanzo storico “Talvolta un libro”- Elmi’s world. Nel 2017 in e-book è uscito il romanzo fantastico per ragazzi “Nel cerchio del tempo”, la cui sinossi ha ricevuto il Premio Emozione nella Notte dei libri 2018 - Roseto degli Abruzzi.  
A settembre del 2018 mi sono classificata 2^ al Premio Int. “Giovannino vive” con il racconto “La storia”. Premiazione avvenuta nel Palazzo di Giustizia di Messina. Sempre nel 2018 ho vinto svariati contest su FB.
Nel 2019 è uscito il romanzo “Una donna in gabbia” - Bertoni editore. Il libro, presentato al Salone del libro di Torino 2019, il 31 maggio ha vinto il Premio della Critica al Premio Città di Grosseto - Amori sui generis. 
A ottobre ho ricevuto la Menzione d’onore nel Premio Letterario Emozioni 2019 con la poesia “Solo il ricordo”. A gennaio 2020 ho pubblicato il romanzo di fantascienza dal titolo “3013 I sentieri del futuro” - Masciulli Edizioni.
In data 10 febbraio 2020 alla VI Ed. del Concorso Letterario Pegasus Golden Selection mi sono classificata 1^ nella categoria Fantasy. 
In data 14 febbraio 2020, alla III Ed. del Concorso Letterario “Il sabato del villaggio”, per la sezione poesia religiosa ho ottenuto il diploma di merito, mentre per la video poesia ho ottenuto il 4° posto con la lirica “La via dei Canti”. A marzo 2020 al V Concorso Int. di Poesie e Narrativa Città di Cefalù mi sono classificata 3^ nella sezione video poesia.
 
Il lessico elitario nel file rouge della letteratura mitteleuropea 
La ricerca del lessico raffinato  infonde passione e tenacia nell'attimo in cui la fantasia e la creatività si plasmano per divenire contenuto letterario. La scrittrice Antonella Polenta, arguta e tenace, amplifica il suo registro linguistico metabolizzandolo in modo da infondere originalità attraverso i suoi preziosismi sintattici e semantici con lo scopo di salvaguardare il patrimonio artistico-culturale italiano e internazionale. L'impiego di termini elitari non è l'unico punto di forza dell’autrice, Antonella Polenta infatti racconta e narra esperienze non solo vissute da lei medesima, ma più ad ampio raggio come nel romanzo “Una donna in gabbia” (Bertoni editore) in cui narra una storia contestualizzata a Roma durante gli anni '70-‘80 e l'ultima opera letteraria fantascientifica che si intitola “3013 I sentieri del futuro” (Masciulli Edizioni) in cui lo scenario messo in luce è prettamente futuristico. Dunque un'autrice eclettica e poliedrica la quale aborrisce l'ontologia e il logos a tutto tondo e riprende i miti della letteratura mitteleuropea in cui i personaggi sono “bozze” di uomini i quali abdicano ai modelli preconfezionati del gregge omologante e massificante. 
Sabrina Santamaria
Intervista all’autrice Antonella Polenta
•La narratività cosa rappresenta per te?
Una domanda un po’ insolita, direi, allo stesso tempo stimolante. Per me rappresenta la scelta di un metodo, di uno stile narrativo attraverso il quale parlare di situazioni realistiche o meno, di vissuti, di personaggi con le loro poliedriche e complesse sfaccettature.  Un modo per comunicare con gli altri attraverso le immagini che le parole, i dialoghi, i concetti scritti possono evocare nell’immaginario del lettore. Per riprendere una tua considerazione, a proposito dell’impiego di termini elitari, vorrei sottolineare questo: l’uso di alcuni vocaboli nasce spontaneo dentro di me. Mentre scrivo è come se mi si aprisse un dizionario interno, profondo, un glossario che addirittura ignoravo di possedere. Del resto mi diceva uno scrittore che ora non c’è più che la scrittura è un esercizio costante, giornaliero, soltanto così si riesce a portare fuori il non scontato, l’originale.   
•Quali sensazioni si impadroniscono di te mentre scrivi? Quali progetti hai in cantiere.
Mi auguro di portare a termine la stesura della saga intitolata “Nel Cerchio del tempo”, un romanzo fantastico che vede protagonisti tre ragazzini impegnati in un viaggio a ritroso nel tempo, un viaggio immaginifico che prende origine dalla scoperta, nei campi di grano dei rispettivi genitori, di misteriosi e inspiegabili Crop Circles (cerchi nel grano, avvistati per la prima volta nel Wiltshire in Inghilterra). Il primo libro della saga (recentemente classificatosi primo nel prestigioso concorso internazionale Pegasus Golden Selection 2020), è ambientato in Mesopotamia, terra in cui l’intrepido terzetto si dovrà confrontare con le divinità del pantheon Assiro-Babilonese. Il secondo libro che sto per terminare, invece, vedrà i tre protagonisti, con un anno in più sulle spalle, cimentarsi in imprese coraggiose e ardite in terra egiziana tra scribi, sacerdoti, corvi parlanti, faraoni, personaggi mitologici e insolite divinità. A chiusura della trilogia, porterò i baldi giovani a vivere altre avventure a contatto di altre civiltà antiche. Per supportare il lettore, in appendice ad ogni testo ho inserito un piccolo dizionario. 
Dopo questa premessa posso rispondere alla domanda che mi hai rivolto precedentemente. Nello scrivere questa trilogia ho sentito il cuore palpitarmi nel petto, ho provato emozioni molto forti, quasi da brivido, soprattutto nella composizione del primo libro, forse perché amo in modo particolare le popolazioni che hanno colonizzato la Mesopotamia.
 
•Raccontaci la vicenda della nascita del tuo primo romanzo.
Sono trascorsi tanti di quegli anni che non ricordo esattamente da cosa sia scaturita la costruzione della vicenda narrata nel mio primo romanzo. Posso solo affermare che i componimenti poetici con i quali mi sono cimentata in età adolescenziale e i racconti concepiti durante il periodo giovanile non mi bastavano più. Avevo necessità di qualcosa di più costruito, complesso, articolato, strutturato. E così con non poche incertezze e perplessità ho cominciato ad ordire la trama del mio primo romanzo.
•Il romanzo “Una donna in gabbia” racchiude implicitamente la storia di una donna che abbandona i canoni tradizionali. Qual è la tua idea sull'affermazione della donna, credi che le donne si siano davvero affermate nella società contemporanea?
  Purtroppo credo che l’emancipazione femminile abbia subito una battuta d’arresto. Negli anni 70-80 si è registrato un picco di conquiste e vittorie. Vedi le leggi sul divorzio e sull’interruzione volontaria di gravidanza, l’istituzione dei consultori, la riforma del diritto di famiglia e la pari dignità uomo-donna in alcuni settori lavorativi che prima erano di esclusivo appannaggio maschile.  Al momento ancora non si è raggiunta la piena parità sul piano politico ed economico, ma lo sconcerto maggiore deriva dai numerosi atti persecutori, sotto forma di stalking, prevaricazioni, stupri o addirittura violenze psicologiche e fisiche messe in atto dagli uomini contro le donne, forse per voler riaffermare la persa egemonia o la loro presunta superiorità? 
•Secondo te quali benefici apportano l'arte e la letteratura nella psiche umana?
Io adoro l’arte sotto le sue molteplici forme ed espressioni. Amo le arti visive, quali la pittura, la fotografia, il cinema e, chiaramente, la scrittura e sono molto attratta dalle arti performative, quali la musica, il teatro, la danza, la lettura. Sono convinta che una sola o più espressioni artistiche, attraverso la creatività e il pensiero positivo, possano arricchire la mente e, al contempo, liberare la psiche dai gravami dell’esistenza.  
Intervista rilasciata dalla scrittrice Antonella Polenta a Sabrina Santamaria
 

"Tempo al tempo" di Bruno Mohorovich

(Intervista pubblicata nella Rivista Internazionale "Le Muse"-Direttrice Maria Teresa Liuzzo-Vicedirettore Davide Borruto)

Bruno MOHOROVICH

 Nato a Buenos Ayres il 3/3/1953, di origine istriana.  Laureato in Sociologia e Lettere.  Critico cinematografico e letterario, ha collaborato con radio e stampa. Ha curato eventi di scrittura e pittura organizzando alcune collettive con artisti marchigiani ed umbri. Cura eventi letterari, presentazioni di poeti e scrittori. 
Ha pubblicato per le Edizioni AIART “Cinema in…”, 3 voll. e per Era Nuova  “Nuovo Cinema…scuola”. Per i tipi della Bertoni Editore, i libri di poesie “Storia d’amore – una fantasia”, e “Tempo al tempo” ed ha curato le raccolte antologiche “Marche – omaggio in versi” e “Napoli – omaggio in versi”.
Pubblicazioni le ha dedicate alla città di Perugia “La città tra desiderio e utopia” e a Pesaro con la raccolta di scritti “Atarcont – impressioni pesaresi”. Attualmente è curatore editoriale di collane di poesie per la Bertoni Editore.
 
La poetica catarsi temporale 
“Tempo al tempo”  è una raccolta poetica che si snoda tra i fili conduttori di una recherche du temps perdu proustiana in cui il tempo dell’anima supera ogni confine e ogni verso incide il pentagramma emotivo del nostro poeta. L’afflato  si riverbera nell’immenso abbraccio esistentivo di Bruno Mohorovich il quale si innamora dei suoi momenti nostalgici come se fossero istanti lieti o colmi  di gaiezza, infatti egli cura le ferite dell’animo suo servendosi di due farmaci: il tempo e poiesi. Il nostro autore, però, trasmuta l’ordine logico e cronologico degli eventi, tanto è vero che il suo tempo non è scandito dagli orologi e nemmeno dalle clessidre, ma dai battiti pulsanti che gli strozzano il fiato tuttavia il suo flusso di coscienza non annichilisce il suo Io né lo innalza; la poiesi catartica di Bruno Mohorovich gli conferisce pariteticità  per ricucire i suoi laceranti drammi e tormenti  e lo ricolma di responsabilità e umanità per cogliere le angosce della complessa mimesi del volto dell’altro, cioè di quell’Altro sul quale costruì la sua filosofia E. Lèvinas.
 (a cura di Sabrina Santamaria)
 
Intervista a Bruno Mohorovich
 
•La raccolta “Tempo al tempo” racchiude innumerevoli significati poetici, mi chiedevo se ci fosse anche uno spunto eracliteo, esistenzialista o bergsoniano? 
 Quando ho pensato di scrivere “Tempo al tempo”, ho solo voluto dare voce ad una mia esigenza personale, e non mi sono posto alcun intento filosofico. E’ certo che ognuno di noi quando si confronta con il proprio io e dà una lettura di sé e del mondo che lo circonda inevitabilmente “formuli” un pensiero più o meno filosofico. Pe rispondere alla sua domanda, indubbio stimolante, ho cercato delle possibili risposte. Eraclito e il suo “Panta rei” fanno in qualche modo della nostra esistenza; tra il serio ed il faceto è una formula che abbiamo spesso ripetuto ed anche io, nel corso del tempo non mi sono sottratto, forse in maniera spicciola, magari pensando di superare gli ostacoli che la vita ti pone; quasi fosse una forma di incoraggiamento. Esistenzialista? Ho amato, e amo, molto Sartre; da ragazzo uno dei drammi che mi ha coinvolto maggiormente è stato “I sequestrati di Altona”. Se esistenzialista vuol dire che una volta gettato nella vita sono stato responsabile di tutto quello che ho fatto, scegliendo incondizionatamente, progettando di essere, allora la mia risposta è sì, sono esistenzialista; ne potrei esserlo altrimenti. Relativamente al tempo il titolo della silloge nasce da una citazione cinematografica – il film è “Anonimo Veneziano” -; era giunto semplicemente il momento di affrontare un problema che era risolto certamente da un punto di vista relazionale ma che non soddisfaceva me: ho deciso di confrontarmi con i fantasmi del mio passato, un passato scomodo, raccontandomi e svelandomi senza falsi pudori. Il “tempo” di cui parlo è quello che scorre nella nostra coscienza.
•Ti affascina la corsa della tartaruga citata da Zenone? E gli acusmatici di Pitagora? 
Mi sento molto più vicino alla seconda. La percezione uditiva è per me fondamentale. Adoro vivere nel silenzio, nel suo rumore e cogliere in esso tutte quelle sollecitazioni che mi porta. E’ la sua voce che mi permette di scrivere e tradurre in parole/ immagini sensazioni e sentimenti che prendono vita nella mia mente. Un ruolo fondamentale lo gioca anche la musica. Sono un appassionato di musica orchestrale (Last, Rieu, Mantovani…): swing, pop, arie d’opera, ouverture… Con il silenzio la musica concorre a visualizzare i miei stati d’animo.
•Come percepisci la tua linea spazio-temporale? Senti fluire fra le arterie gli spasimi della frenesia immagazzinata nella memoria a lungo termine? 
 Devo dire ahimè, è più il tempo che ho vissuto di quello che mi rimane da vivere, per cui la percezione della mia linea spazio-temporale si lega più al passato che non al futuro. I ricordi sono un bell’antidoto per continuare a vivere; l’idea della morte è sempre viva in me. Ho paura di morire, penso come molti; non accetto l’idea (forse perché vivo uno stato di bene essere) che tutto debba finire e la mia vita si possa spezzare.  Ho già accennato prima; ho una buona memoria e non so dire se questo sia positivo o negativo; naturalmente mi riferisco alla memoria della vita e dei suoi accadimenti che finiscono per divenire ricordo. La memoria del ricordo riaffiora come un’immagine del passato e contribuisce ad orientare il presente; se io oggi sono quello che sono è proprio perché ho agito in base alle esperienze passate, meglio, agli errori compiuti nel passato che mi hanno permesso di migliorare. Ed oggi, pur non negando niente di quello che è stato – rammaricarmi sì, del tempo perduto o consumato malamente – vivo nel “hic et nunc”. Non è una contraddizione; è solo una serena presa di coscienza, fermo restando che la memoria dei miei ricordi mi accompagnerà sempre e sarà…fonte di ispirazione. 
Tempo al tempo
"Tempo al tempo" di Bruno Mohorovich
 
• Il titolo “Tempo al tempo” fa trasparire le tue intenzioni di saper attendere i momenti opportuni affinché possano crescere  le migliori piante dopo aver seminato con fatica nei nostri vissuti? Cioè quanto l’attesa può essere fruttuosa più del risultato?
“Tempo al tempo” ha avuto una maturazione lenta ma è stato scritto in pochi giorni. Relativamente ai temi che affronto con le mie poesie, sentivo che dentro di me qualcosa non era compiuto, che dovevo in qualche modo dare sfogo, non ad un mal – essere, ma a qualcosa che sentivo come irrisolto, soprattutto per me. E’ stata una sera – io scrivo soprattutto la notte – che mi son trovato a buttare giù un verso che mi aveva attraversato la mente. E da lì è partito tutto. Non è stata necessariamente la prima poesia che apre la raccolta ma è stata certamente quella a dare il là, a “sturare” la mia anima. Per quanto riguarda il titolo, vi ho già accennato. “Anonimo Veneziano” tratto dal romanzo di Giuseppe Berto, è un film che è entrato a far parte del mio DNA unitamente ad un altro grande film di Zurlini “La prima notte di quiete”. I due personaggi in qualche modo mi assomigliano: artista/musicista il primo, poeta/professore il secondo.  “Tempo al tempo” è la battuta che il musicista veneziano dà alla moglie quando questa vuol sapere perché lui l’avesse chiamata. Ecco il senso del titolo della mia silloge: viene il momento buono in cui si può rivelare il tutto senza timori o falsi pudori. Così è stato per me; era giunta l’ora che mi scoprissi, in particolare a me stesso.
• È una  scelta stilistica il fil Rouge che caratterizza le tue raccolte poetiche “Una storia d’amore” e “Tempo al tempo”? Oppure si tratta di un tuo verseggiare spontaneo tra le rime?  Secondo te le dimensioni temporali sono aritmetiche oppure l’essere umano viaggia mentalmente nel filo invisibile di queste istanze temporali?
Sì, è una scelta precisa. Quando ho incominciato  “Storia d’amore – una fantasia”, scrivevo delle poesie “a briglia sciolta”, inseguendo lo stato d’animo del momento. E’ stato ad un certo punto che mi sono reso conto che questa scrittura aveva bisogno di un ordine: Stavo raccontando una storia ed era giusto darle un senso logico. Così sono nati i tre atti: Inizio, Insieme e Fine, completati da un prologo ed un epilogo in prosa. Analogo discorso per “Tempo al tempo”; in questo caso era una esigenza vera e propria la narrazione di un vissuto che muoveva dal disagio iniziale, fino alla conclamazione del problema per concludersi con la redenzione e la rinascita. Anche la mia prossima raccolta di poesie di imminente pubblicazione “Parlerò di te”, segue lo stesso criterio.  Quando scrivo poesie mi piace dare un senso di lettura, in fondo racconto delle storie che potrebbero essere dei romanzi ed è una forma di rispetto mia verso il lettore dargli la possibilità di seguirne la trama.  Non ho mai amato quelle “accozzaglie poetiche” dove si trova di tutto e si spazia su tutto. Personalmente faccio fatica quando leggo a cogliere l’anima di chi scrive; e lo raccomando anche ai poeti delle mie collane: cercate di creare un “fil rouge” nella vostra narrazione, così da essere leggibili e fruibili. La poesia più di ogni altra forma letteraria rivela l’anima di chi scrive; l’autore si mette letteralmente a nudo senza remore e pudore; il poeta non si nasconde, non lo può fare. Se lo fa è artificioso. Chi legge poesia deve rimanere folgorato da quello che è scritto. La poesia deve diventare di chi la legge, deve essere sentita propria. Per questo ho delle forti remore anche nei confronti di chi ricerca una terminologia che io definisco “da vocabolario”, accademica. Sono negato in matematica ed alle conseguenti congetture matematiche. Preferisco seguire le istanze che mi detta il tempo. In quanto tale è imprevedibile; regala sensazioni, emozioni e…follia quando meno te lo aspetti. Ne vivo il disagio ed i sapori che mi regala, siano essi aspri o dolci. E questi sapori cerco di renderli vivi attraverso la parola ed il verso.
•Se volessi consigliare a un giovane come impiegare il suo tempo  quale via esistenziale suggeriresti? 
Non semplice la risposta. La mia vita professionale mi ha portato, in quanto docente, a vivere in mezzo ai giovani. Ho vissuto con loro per 40 anni, dalla scuola primaria a quella superiore. Innegabile che i tempi siano cambiati, che le generazioni non si assomiglino l’una all’altra: c’è un abisso. Eppure questi giovani hanno dei valori, sono curiosi e stimolanti. Bisogna sapere entrare in loro, avvolgerli e loro si faranno avvolgere e ti…travolgeranno. Ho portato nelle scuole dove ho insegnato il teatro ed il cinema; avrei tanti esempi ed episodi da raccontare; dico solo che ancora a oggi, a distanza di anni, ci sono alunni e studenti che mi ringraziano e ricordano le mie lezioni. Cosa potrei dire ai giovani? Di essere curiosi. Amo una poesia di Hikmet – ormai un classico – ma vera “Il più bello dei mari è quello che non navigammo…”, con tutto quello che segue. La curiosità, la ricerca, non accontentarsi mai né di quello che gli dicono gli altri né di loro stessi: Ed hanno uno strumento che niente e nulla potrà mai essere distrutto: la libertà di pensare, di scegliere e fare ed essere Cultura.
•La percezione del tempo, come noi sappiamo, è influenzata dagli usi e costumi dei diversi popoli e culture. Secondo te quali sono i fattori culturali predominanti che contestualizzano il tempo?
   Stiamo vivendo tempi difficili; quello che sembrava se non cancellato almeno rimosso, si è fatto prepotentemente incalzante. Stiamo perdendo il senso della misura e negando la nostra intelligenza- se mai siamo stati intelligenti -. Arroganza, prepotenza, odio, ignoranza, intolleranza hanno scalzato i veri valori che dovrebbero caratterizzare ogni essere umano. Oggi chi è buono e gentile sembra fesso, il gesto di generosità o la buona azione vengono visti come qualcosa di alieno. Non voglio essere per forza di cose “buonista” (fra l’altro la parola non mi piace), ma mi fa specie che in questi decenni del nuovo secolo, si debba sentir parlare di “educazione al sentimento”, di sentire la necessità di fare “giornate della gentilezza” o simili… Mi fa paura la mancanza di personalità; siamo tutti omologati e globalizzati; non c’è più spazio per l’originalità del proprio pensiero: bisogna provocare, forse perché ci è rimasto poco da dire…o c’è ancora tanto da dire ma si preferisce scegliere la via più facile, quella del non – pensiero. Scrivo poesie, frequento gente che scrive, artisti che dipingono e scolpiscono; queste persone sono espressione viva e vitale di fattori culturali, discutibili a volte, ma ci sono, si esprimono cercano di dare un senso al tempo che vivono ricercando ognuno col proprio linguaggio un elemento culturale che si sta perdendo, o si è già perduto: la Bellezza! “Chiudere le finestre alla bellezza è contro la ragione, e distrugge il vero significato della vita.” Lo ha detto Debussy.
(Intervista rilasciata dal poeta, scrittore e curatore editoriale Bruno Mohorovich a Sabrina Santamaria)
 
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